C’era una volta la pubblicità che magnificava il prodotto.
A prescindere dal mezzo di diffusione, radio, televisione o giornali, il prodotto era il vero ed unico protagonista: fotografato dall’angolazione migliore, valorizzato dalla luce giusta, presentato con termini accattivanti, marchiato con il nome dell’azienda produttrice, l’oggetto concretamente inteso era il focus della comunicazione di marketing.
C’era una volta, sì!
Perché adesso le aziende ci parlano anche di etica, povertà e solidarietà; ci propongono valori da condividere e progetti filantropici da realizzare con il nostro aiuto, e così rendono il bene tangibile un vettore quasi subordinato.
In altre parole, i consumatori sono invitati all’acquisto del prodotto non tanto per soddisfare un bisogno e nemmeno perché simulacro di uno status symbol (a uso e consumo della transumanza verso la classe superiore cui ognuno doveva anelare), quanto per l’insieme di istanze immateriali, talvolta addirittura “spirituali”, che un’abile strategia di comunicazione riesce ad associarvi.
È l’epoca del Marketing Sociale (e non solo social): che calibra discorsi di marca e messaggi pubblicitari sintonizzandoli su nuovi registri e ritrovati valori.
A onore del vero, questa tendenza è in atto nel mercato italiano da più di un decennio, tuttavia, solo negli ultimi anni, ha subito un potenziamento di forza e frequenza tale per cui il Marketing Sociale sembra attestarsi come uno tra i più praticati dalle aziende.
Sarebbe più corretto parlare di Cause Related Marketing: cioè di un marketing correlato a una specifica causa sociale o ambientale. Si tratta di una dinamica commerciale in cui imprese, organizzazioni no profit e cause di utilità sociale formano una partnership, al fine di promuovere un’immagine, un prodotto o un servizio e dalla quale, inutile sottolinearlo nuovamente, traggono reciproco vantaggio.
Oggi, al di là della promozione di un particolare prodotto, la pubblicità appare come la vestale dei buoni sentimenti, l’ancella che accompagna le persone dal consumismo autoreferenziale al consumo consapevole e altruistico, invitandole a entrare in una dimensione dove all’IO si sostituisce il NOI, suggestionando i più sensibili con l’idea di renderci tutti partecipi alla costruzione di un mondo migliore e di una società più equa.
Ma perché un’azienda orientata al profitto dovrebbe ammantare la propria comunicazione di marketing con questo tipo di valori e di iniziative?
La risposta è che il Marketing Sociale può contribuire efficacemente a raggiungere obiettivi commerciali di tutto rispetto:
- La promozione dell’immagine dell’azienda e di una Corporate Identity più forte;
- Una migliore reputazione della marca;
- Ulteriori stimoli alla fidelizzazione dei clienti;
- L’allargamento del profilo del Target;
- L’aumento delle vendite.
Le domande da porsi prima d’intraprendere una campagna di Marketing Sociale tuttavia, sono numerose e per nulla banali:
Fino a quale livello di profondità può funzionare questa strategia?
Quanto i consumatori si sentono coinvolti in queste campagne/battaglie promosse dalle marche dei prodotti che acquistano quotidianamente?
Quanti tra i consumatori più disillusi potrebbero irritarsi, pensando che si tratti di “trucchi” della pubblicità particolarmente utili in tempi di crisi?
E l’elenco potrebbe continuare…
A voi come consumatori e cittadini le altre possibili domande e risposte; alle imprese, il consiglio di non considerare il Marketing Sociale solo come un driver di comunicazione a buon mercato, perché i risultati potrebbero non essere quelli attesi.
Note storiche ed esempi famosi:
La prima operazione di Cause Rellated Marketing è avvenuta oltreoceano, negli Stati Uniti (culla indiscutibile di ogni tipo di marketing). Era il 1983 quando l’American Express e la Fondazione Ellis Island realizzarono un progetto finalizzato al restauro della Statua della Libertà.
La campagna di comunicazione si rivolse sia ai clienti esistenti che a quelli potenziali: per ogni transazione la società si impegnò a versare alla fondazione 1 centesimo e 1 dollaro per ogni nuova carta di credito emessa. Risultato: oltre 1,7 milioni di dollari raccolti, un incremento del 28% sul tasso di utilizzo della carta di credi credito America Express e del 45% sui nuovi titolari.
Per citare alcuni esempi tra i più noti anche in Italia, una delle prime campagne pubblicitarie orientate in questo senso fu quella delle caramelle Golia Bianca a favore degli orsi bianchi del Polo con l’aiuto del WWF. O ancora Dash, leader di mercato nel settore dei detersivi, che nel corso degli anni si è fatto promotore di diverse iniziative sociali ed umanitarie sempre più a raggio locale: dagli aiuti per i paesi africani della “Missione Bontà”, alla realizzazione di sale da gioco per bambini negli ospedali pediatrici italiani di “Ospedale Amico”.
Anche l’acqua Lete si è dimostrata coerente e assidua sostenitrice di
progetti sociali: ultima, “on air” in queste settimane, la campagna pubblicitaria a favore della comunità di Sant’Egidio. La comunicazione punta sull’immagine di una donna dai capelli grigi e scompigliati, intenta a rovistare in un cassonetto della spazzatura. Il testo: “La povertà è più vicina di quanto pensi”, suona come un richiamo ad essere più sensibili alle condizioni di chi soffre non distante da noi: perché oggi l’indigenza non è confinata a lontani continenti ma si nasconde (forse non più di tanto) negli angoli ciechi della nostra visuale.