L’Italia ce l’ha con Google. L’Antitrust italiano ce l’ha con Google.
Ha parlato giusto ieri il presidente Giovanni Pitruzzella. “C’è il rischio che Google diventi monopolista nel mercato pubblicitario digitale”, ha detto. “Fondamentale resta l’apertura alla concorrenza in quei settori in cui maggiori sono le potenzialità di crescita. Pensiamo all’e-commerce”, ha continuato. “L’assenza di regole adeguate rischia di marginalizzare l’industria editoriale, nonostante i significativi investimenti per realizzare processi di integrazione multimediale”, ha aggiunto ancora.
Del resto Google fa ben poco per farsi amare da editori e concorrenti. Vince sempre, perché di fatto è il web. Dal motore di ricerca, base di partenza dell’esperienza dell’utente, ha avviato la costruzione di una qualche ‘linea rossa’ attorno alla rete: la mail è Gmail, i video passano da YouTube, il browser è Chrome, sul mobile userete Android, il social network è Google+, i documenti salvati in GDocs. E così via.
Google vince sempre. Come il Banco.
“Ritengo che vada nella giusta direzione ogni proposta volta a inserire nel novero delle attività ricomprese nel Sistema Integrato delle Comunicazioni (Sic) quelle svolte da operatori fornitori di contenuti, gestori di portali, motori di ricerca, social network, che competono con gli editori tradizionali nell’attività di vendita degli spazi pubblicitari agli inserzionisti”, sostiene Pitruzzella. Lo riporta Repubblica.
Servirebbe regolamentare Google, dargli dei limiti. E dare dei limiti al sistema pubblicitario più redditizio ed esteso in assoluto: AdWords. Che di Google è la fortuna vera.
Da Mountain View, dove di denunce e accuse ne raccolgono parecchie in materia d’antitrust, se la cavano con eleganza. “Operiamo in oltre 100 paesi in tutto il mondo, e Internet è per sua natura dirompente. E’ comprensibile che la nostra attività possa attrarre talvolta denunce in alcuni di questi paesi. Siamo sempre lieti di rispondere alle domande che le Autorità possono avere sulla nostra attività”.
Diplomatici, come richiedeva il caso.
Dall’Italia hanno parlato in diversi. Alla corsa alla dichiarazione, tutta di matrice italica, non hanno saputo resistere Barnabé o Schifani. “Equità”, oppure “responsabilità”, “valori”. I soliti termini da italiani.
Big G se la caverà da vincente. Come al solito. La questione rimane aperta.
Non c’è da meravigliarsi…. Google fa il suo lavoro e lo va bene!! E sinceramente a me sta più che bene!! I nostri professori italiani, invece di lamentarsi di google, è meglio che pensino a rilanciare l’economia favorendo investitori stranieri così magari l’azienda google apre una sede in italia e da lavoro a noi italiani…. nb: alcuni giovani universitari italiani si sono fatti sovvenzionare da google per aprire in silicon valley delle aziende web…..