Marketing GT Blog https://marketingblog.giorgiotave.it Notizie ed segnalazioni Marketing dal Forum GT Fri, 20 Dec 2019 08:40:07 +0000 it-IT hourly 1 Qual è stato il primo Meme della Storia di Internet? https://marketingblog.giorgiotave.it/internet-meme/2778 https://marketingblog.giorgiotave.it/internet-meme/2778#comments Tue, 04 Dec 2018 07:47:18 +0000 https://marketingblog.giorgiotave.it/?p=2778 Non mi piacciono gli articoli che promettono una risposta e poi devi scorrere in fondo. Eccolo: Si chiama Internet Coke Machine, 1982. C’era molto vita prima del WWW. Diciamoci la verità: ora che l’avete scoperto smetterete di leggere l’articolo? No … Continua

Fonte: Qual è stato il primo Meme della Storia di Internet?

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Non mi piacciono gli articoli che promettono una risposta e poi devi scorrere in fondo.
Eccolo:

Si chiama Internet Coke Machine, 1982. C’era molto vita prima del WWW.

Diciamoci la verità: ora che l’avete scoperto smetterete di leggere l’articolo? No 🙂

È un po’ come quei film dove sai già tutto, il regista ti premette tutto. E comunque rimani incollato dall’inizio alla fine. Perché non è una questione di dove metti l’informazione, purtroppo la superficialità ci ha abituati a standard di questo tipo. Ma c’è poco standard quando hai a che fare con le persone e la lettura delle informazioni.

Se volete approfondire subito Internet Coke Machine, vi metto l’indice così ci andate direttamente. Prima però, vorrei fare un approfondimento sui Meme in genere perché voglio chiarirmi le idee insieme a voi.

Indice:

Origine della Parola

Ringraziamo Wikipedia per aver dato la possibilità a tutti di conoscere l’origine della parola Meme e di altre: quanto dobbiamo a Wikipedia, che per quanto mi riguarda è la fonte delle fonti (magari gli articoli non sono il massimo, ma le fonti sono oro). Suggerisco alla Commissione Europea di tralasciare la proposta di Direttiva sul Copyright perché è già ora anacronistica e di fare qualcosa per Wikipedia: saccheggiata da Google nei risultati di ricerca, saccheggiata dai tanti giornali.

Wikipedia ci dice dal greco mím?ma, “imitazione”, sul modello di gene è la minima unità culturale capace di replicazione nei cervelli umani proposta da Richard Dawkins in Il gene egoista del 1976.”

Prima di Internet

Un articolo della BBC ha scovato questo:

È nel magazine satirico The Judge, 1921.

E dicono: lo sappiamo che una singola immagine non può essere considerata un meme. Ma pare che tra il 1919 e il 1920 molte immagini di quel tipo siano circolate con il classico “Expectations vs. Reality” che oggi conosciamo tutti.

Un meme quindi, non è il contenuto, non è l’immagine con la scritta, ma è molto altro. E può essere immagine, gif, video, ect ect.

Cosa deve accadere perché sia considerato Meme?

La parola viene spesso associata ai Social: questo perché molti Social Media Manager non hanno vissuto attivamente l’era nella quale non c’erano i Social, non conoscono o hanno preso parte agli ambienti sociali che esistono da sempre su Internet. Prima del WWW.

Infatti si portano dietro l’errata frase: facciamo un meme. Che è un po’ come dire facciamo un video virale.

Così come un video diventa virale solo dopo determinate reazioni, un contenuto diventa un meme solo dopo determinate reazioni.

Insomma, appiccicare un testo sopra una foto non basta. Ma siamo abituati a parole che perdono il loso senso perché usate in modo superficiale e poi diventa normale abituarci a quel significato. Avviene da migliaia di anni questo, avverrà anche dopo di noi.

Il sito Know Your Meme ha i suoi criteri, che io condivido, che definiscono cosa è un Meme:

I sei concetti che vengono presi in esame per valutare un Meme che poi da loro viene confermato sono:

  1. Viral Spread: risultati di ricerca, citazioni sui social media, post sul forum, percorso di diffusione.
  2. Punto di origine: scoprire dove è apparso il meme per la prima volta e provare che si è diffuso oltre la sua sottocultura originale.
  3. Derivati: volume esistente di parodie, mashup, remix, parodie, ricontestualizzazioni e rievocazioni. Sta cambiando?
  4. Esistenza nei siti specializzati: siti Web e comunità che sono stati resi famosi per la diffusione e la cultura dei meme.
  5. Memes organici / forzati: il meme si diffondeva da pari a pari o con l’astroturfing? Anche i fenomeni di astroturfing possono diventare meme.
  6. Spin-off / sub-meme (facoltativo): molti meme generano molti sub-meme.

E infatti quando si chiede “come posso creare un meme?” la risposta è che i Meme non si creano, ma si verificano quando accade che quel contenuto vive fuori dal contenuto stesso, sfugge alla programmazione, viene coinvolto in numerose altre opere.

Le caratteristiche vincenti

Questo è un Meme?

Bisogna verificarlo, ci sono però alcune caratteristiche riconoscibili:

  • Contiene un messaggio che possono capire solo persone che sanno come si gioca a scacchi
  • È goliardico, ha un messaggio ironico che contiene altri messaggi.

Probabilmente non è un Meme. Però fa ridere. Chi lo comprende. Da notare che non c’è solo l’associazone con gli scacchi, ma anche Monarchia / Clero.

Quando un contenuto, nel tempo, diventa un veicolo per comunicare dei concetti che vengono riconosciuti da una determinata cultura e usati dalla community in più contesti e formati, allora possiamo dire che siamo molto vicini ad un Meme.

Una delle caratteristiche, dal mio punto di vista, che lo fanno diventare virale è proprio la goliardia che c’è dietro. Un determinato tipo di pubblico comprende il messaggio, un altro determinato tipo di pubblico non lo comprende affatto. Addirittura lo travisa completamente, come stiamo per vedere nella storia di PedoBear.

Il Primo Meme della Storia di Internet

Abbiamo detto che il primo si chiama Internet Coke Machine, 1982. Andando in giro alcuni ne citano altri, come per esempio the Dancyng Baby

Ma è solo del 1996.

Non si può nemmeno prendere come data per validitià di un meme la data in cui è nato l’oggetto, ma bisogna prendere quando è diventato un fenomeno in rete. Altrimenti probabilmente andremmo a prendere simboli antichi, come la croce e la x (metterci una croce sopra, poi gli fai una x sopra) e tutte le immagini prodotte in questo modo. Altrimenti prenderemmo la Katana (1392).

Invece prendiamo e premiamo, ad oggi, Internet Coke Machine del 1982.

Scoperto da Cybergata il 26 Agosto del 2010 e postato sul forum del sito Know Your Meme.

Dice: è iniziato tutto quando la Coke Machines è stata connessa a Internet nel 1982 al Carnegie Mellon University’s School of Computer Science. Il programmatore voleva controllare se fosse vuota via rete invece che farsi le scale. Così a molti colleghi l’idea è piaciuta ed è diventata un Internet Status Symbol. È un mito per chi è arrivato sul WWW nei primi anni ’90.

Vari link:

Esisteva una volta anche una timeline dei meme della rete, ma è offline. Vi segnalo la pagina su Archive.org.

Sono sicuro che dal 1982 al 1996 ne potrete trovare altri così come ho fatto cercando per dare dentro i vari siti specializzati.

Il Primo di cui è si è occupato Know Your Meme


Il meme in questo caso si chiama PedoBear. Anno: Febbraio 2003. Origine: 4chan.

È molto interessante la sua storia e ci fa capire cosa è un Meme.

Sito Know Your Meme.

La Storia di PedoBear

La sua origine è molto bella e la sua storia lo è ancora di più. Così almeno è chiaro perché non si può dire “facciamo un meme”.

È raccontata in lingua inglese nella pagina dedicata di Know Your Meme e nel loro video che vi embeddo qui.

Vi evidenzio le parti più forti, dal mio punto di vista.

Facciamo la cronostoria

Nel 2003 diventa famosa, su 2channel (forum giapponese), questa “ASCII art ” con al scritta Kuma (Orso, come Kuma personaggio di One Piece). Si usava come risposta alle discussioni che cercavano di attirare l’attenzione, quasi per segnalare che era una discussione simil clickbait (sì, anche questo termine non viene dai Social, abituatevi).

Su 4chan viene “adottata” e “cartonizzata” sia dai moderatori che dagli utenti per segnalare un contenuto pornografico illegale. Associato a breve alla pedopornografia. Da qui, PedoBear.

È 4chan a dare il via a quello che da questo momento in poi si può definire un meme.

Da qui infatti succede il finimondo: usatao dappertutto.

Alcuni esempi.


E finisce fuori da Internet: un giornale la prende come Mascotte delle Olimpiadi di Vancouver, realizzano videogame, finisce nei film e in pubblicità, cartoline e copertine, telegiornali e nei cartelloni pubblicitari. Alle manifestazioni le persone si vestono da PedoBear.

Quando Benedetto XVI andò in visita a Malta, in uno dei cartelloni pubblicitari, comparve PedoBear. Lo capite il messaggio vero? Ecco, non tutti lo capiscono, il Meme trova nella comprensione della sua community la grande diffusione.

In Italia se ne parlò e infatti Google Trends lo certifica:

Ancora oggi viene usato, ci sono tanti altri esempi, ma la cosa importante è che è diventato un simbolo che comunica determinati concetti.

Questi concetti sono comprensibili da una determinata “cultura” o “community”, non è di massa. Pensate che ci sono state varie controversie nel passato perché le persone che non conoscono PedoBear lo hanno confuso come simbolo che incentiva la pedofila e ci sono state proposte di ban dell’immagine da DeviantArt e Facebook.

I “Primi” Meme di cui si è occupato Know Your Meme

Qui trovate la lista ordinata in modo cronologico. Non sono i primi della storia di Internet, ma i primi di cui si è occupato il sito e dove troverete le varie storie con molte informazioni.

 

Quanti ne riconoscete? 🙂

Conclusioni

Cosa è per me un Meme? Prendo la frase che ho usato sopra:

Quando un contenuto, nel tempo, diventa un veicolo per comunicare dei concetti che vengono riconosciuti da una determinata cultura e usati dalla community in più contesti e formati, allora possiamo dire che siamo molto vicini ad un Meme.

Magari, nel tempo, aggiornerò questa definizione.

Per i Social Media Manager o altre figure che vogliono lanciarsi in una campagna sfruttando un Meme già esistente consiglio prima di tutto di studiarsi la storia del Meme fin dal principio per comprendere esattamente il suo significato in termini di comunicazione. Altrimenti rischiate di appiccicare un qualcosa fuori contesto. Che non è una bella cosa.

Tipo la famosa di John Travolta dove il sentimento di fondo non è “non c’è nessun qui” che viene spesso associato all’immagine in modo sbagliato, ma il disorientamento. Non basta che non ci sia nessuno. Anzi, il disorientamento, può essere venire anche dall’eccesso.

Infatti, la prima volta che venne usato non divenne popolare. Diventò un Meme successivamente, alle reazioni di questo messaggio e con il tutorial per includerlo.

MRW I ask my daughter what she wants for Christmas and she says, “A doll.” from r/reactiongifs

E per questo, il Meme, si chiama Confused Travolta.

Nella famosa scena infatti, non è vero non trova nessuno. È in uno stato particolare e succede qualcosa.

Capite perché non si possono prendere le cose a caso? 🙂

Fonte: Qual è stato il primo Meme della Storia di Internet?

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Il caso Alitalia-Norwegian: gli errori di una strategia di real time web marketing https://marketingblog.giorgiotave.it/caso-alitalia-norwegian-gli-errori-strategia-real-time-web-marketing/2771 https://marketingblog.giorgiotave.it/caso-alitalia-norwegian-gli-errori-strategia-real-time-web-marketing/2771#respond Mon, 26 Sep 2016 10:35:19 +0000 https://marketingblog.giorgiotave.it/?p=2771 Il fatto è questo: in tutto il mondo viene diffusa la notizia del divorzio tra Angelina Jolie e Brad Pitt. Tutte le testate (online e offline) ne parlano. In fondo, si tratta di una delle storie d’amore più belle degli … Continua

Fonte: Il caso Alitalia-Norwegian: gli errori di una strategia di real time web marketing

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Il fatto è questo: in tutto il mondo viene diffusa la notizia del divorzio tra Angelina Jolie e Brad Pitt. Tutte le testate (online e offline) ne parlano. In fondo, si tratta di una delle storie d’amore più belle degli ultimi 15 anni e la fine clamorosa (condita da gossip e sensazionalismi) la rende perfetta per congetture, ipotesi e… improvvisate strategie di marketing!

In questo contesto si è mossa Norwegian, una compagnia aerea che ha fatto partire una campagna pubblicitaria dalla carta stampata. Vediamo come si sono svolti i fatti, raccontati da Giorgio Taverniti nel suo canale Fast Forward:

Tutti a dire che quelli dell’Alitalia sono stati dei geni.

Per me non è così.

Norwegian ha fatto una campagna con una promozione speciale per il volo a un costo irrisorio.

campagna Norwegian

Alitalia risponde con un post social senza promozione: costo minimo per andata e ritorno 850€.

Alitalia Alitalia Twitter

A questo punto, la Norwegian condivide il post di Alitalia mettendo un link alle offerte da Roma per gli Stati Uniti con dei gran prezzi.

norwegian2

E hanno fatto anche un post con l’offerta dedicata agli Italiani, 200€ solo andata! Il ritorno si trova anche a 300€.

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Alitalia ha provato a fare del Real Time Web Marketing (non Real Time Marketing) con i social, con un post, ma la cosa finisce lì.

Ti scappa una risata.

Norwegian dimostra invece di essere molto ben strutturata (secondo me il team social di Alitalia nemmeno se l’è sognato di chiedere una promozione), di essere attiva e di prendere al volo l’occasione di un concorrente per portarlo a proprio vantaggio.

Norwegian ha fatto una comunicazione globale.
Alitalia per gli Italiani.

Nel concreto, dovendo andare davvero a Los Angeles, scegli la promozione e cerchi un volo con Norwegian. Gli Italiani che hanno cercato i voli, hanno visto che i prezzi sono molto più alti con Alitalia. E Norwegian li ha messi a conoscenza rimbalzando il post.

Alla fine della storia, Alitalia ha strappato una risata, ma chi doveva viaggiare ha confrontato i prezzi. E Alitalia perde.

Almeno da una prima analisi superficiale senza troppi dati.

Per questo, senza promozione, io non avrei fatto niente. Rispondere e creare un contenuto al volo non è così semplice.

Da questo interessante punto di vista (che trovi nella fanpage di Fast Forward) sono nate alcune discussioni che vale la pena riportare, per avere un quadro d’insieme.

Sara Diani interviene nel post e scrive:

Ma la vera domanda è: c’è qualcuno che veramente va a Los Angeles solo perché la Norwegian ha fatto quella pubblicità?

Luca Cavalieri risponde:

Bella considerazione: probabilmente no, secondo me però è più un’operazione di brand awareness che finalizzata alla vendita.
Suppongo che l’idea era (implicitamente) quella di dire: “Hey, non c’è solo Ryanair a portarvi dall’altra parte del mondo con 2 lire… Ci siamo anche noi di Norwegian!

Giorgio Taverniti in merito scrive:

Dal mio punto di vista non è un’operazione di brand awareness finalizzata alla vendita. Né nessuno comprerà ora il volo, o comunque pochi che ci sarebbero comunque andati.Questa operazione, per come la vedo io, è per chi conosce già il brand: sposta le persone che lo conoscono, da persone che lo conoscono a persone che lo terranno in considerazione

Luca risponde con alcune considerazioni:

Non credi Che possa essere ambivalente? Obiettivi sia awareness che consideration (a seconda del target).
Oltretutto, a livello personale, io non solo non la conoscevo, ma ora la terrò in considerazione per acquisti futuri.
Possiamo dire allora che l’awareness fine a se stessa non serve a molto?

Da qui iniziano una serie di considerazioni molto interessanti:

Giorgio – “Secondo me chi non la conosceva è venuta a conoscenza di valori del brand che non sono valori del brand. Cioè, quali sono i valori del Brand Norwegian? Magari è entrata nella testa delle persone per cose che non ci doveva entrare e quando la terrai in considerazione e scoprirai il tutto rimarrai deluso. L’awareness non è fine a se stessa se comunica i valori del brand. Gli effetti sono di lungo periodo.

Luca – “Sicuramente sì, intendevo che l’awareness è fine a se stessa se dietro non ha un piano strategico, se non punta al target giusto e se non crea contemporaneamente un posizionamento. Quello senza dubbio. Tuttavia mi sembra di notare, guardando il loro sito, che si pongono come dei competitor di ryanair (stessa fascia di prezzo) di contro sto leggendo delle recensioni abbastanza negative e diversi flame sulla loro pagina…

Giorgio – “Eh sì. Il problema è che sono dei competitor di ryanair non significa molto e, cosa importante, lo scopri solo dopo aver visto il sito e questo perché ti occupi di questo. Una persona normale che guarda quell’adv, secondo me, non gli resta il brand in mente per quello che dovrebbe restare.”

Luca – “Sono curioso e vorrei approfondire: secondo te, qual è il suo posizionamento? Che cosa resta al cliente (che non dovrebbe restare)?

Giorgio – “Trovi la risposta quiPensa che hanno wi-fi gratis e hanno vinto un po’ di premi. Nel passaggio post – adv e poi sito, per me, non incide. E cosa importante, è solo una cosa spot. Rimango dell’idea che l’unica cosa utile è quelli che ora lo terranno in considerazione perché erano già a conoscenza del brand.”

Quello che Giorgio linka è la sezione del sito Norwegian in cui vengono dichiarati valori e visione aziendale, utili per farsi un’idea più chiara di cosa la compagnia aerea punti a esprimere nelle sue campagne adv.

Ulteriori spunti sono arrivati da discussioni relative alla campagna e qui puoi trovarne alcuni, raccolti in un unico topic: Alitalia – Norwegian nel Forum GT.

Ora, c’è da dire che non possiamo sapere esattamente a cosa porteranno queste strategie (mancano dati alla mano, in sostanza). Possiamo però affermare (in accordo con il pensiero di Giorgio) che Alitalia manca clamorosamente di strategia nel momento in cui decide di rispondere senza prendere in considerazione la natura stessa della sua esistenza: le offerte dei voli.

Come commenta Angelo Valenza nel post citato: Interessante analisi. Effettivamente il Real Time (Web) Marketing viene declinato e concepito solo in chiave creativa senza pensare alla strategia commerciale“. E non posso che essere d’accordo.

Ora a voi le opinioni, cosa ne pensate?

Fonte: Il caso Alitalia-Norwegian: gli errori di una strategia di real time web marketing

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Vorresti creare un’app per il tuo business ma non sai da dove iniziare? Hai una buona idea e non sai come metterla in atto? Creare un’applicazione mobile richiede tempo e una certa pianificazione. È per cui molto importante avere in partenza una visione chiara del proprio progetto. Oltre che essere sicuri di aver scelto la modalità giusta per crearla.

Ma andiamo per gradi: perché è cosi importante avere un’app per la propria attività? Avere un’applicazione mobile è oggigiorno un modo decisamente efficace per creare brand awareness, fidelizzare i propri clienti e aumentare quindi il valore del proprio marchio. Un’app è un incredibile strumento promozionale.

Passare da desktop a mobile è dunque la soluzione? Diamo uno sguardo ad alcuni dati, in modo da capire la portata di questa “rivoluzione” in corso.

Un mercato in crescita

Il fenomeno delle app è ormai di portata globale. Basta dare un’occhiata a al nostro Paese per rendersene conto. Sai ad esempio che l’Italia ha il più alto numero di utenti attivi e di dispositivi mobili per persona (dati We are social) tra i Paesi del vecchio continente? Si, proprio cosi.

Inoltre i dati Audiweb relativi allo scorso anno, rivelano che su un totale di 41,5 milioni di italiani (tra gli 11 e i 74 anni) che accedono alla rete, 32,7 milioni dichiarano di farlo da smartphone e 12,9 milioni da tablet. Negli ultimi due anni, la crescita complessiva di italiani che accede a internet in mobilità è stata del 26,4%. In questo lasso di tempo è aumentato anche il tempo medio dedicato alla navigazione da mobile, oggi pari al 73,3% (+48%).

Cifre che ci aiutano a comprendere meglio le potenzialità del mobile nel nostro Paese, in fatto di crescita economica.

Qual è la soluzione migliore per farlo?

A questo punto, compresa l’importanza di uno strumento di questo tipo, come fare? E soprattutto quanto costa? Una delle ragioni che possono frenare un’attività (soprattutto se piccola) in fase di creazione di un’applicazione mobile, é sicuramente il bilancio.

Ci sono però tre strade, dal budget diverso, che possono essere intraprese: contattare un’agenzia, rivolgersi a uno sviluppatore freelance o utilizzare un app builder. Come accennato prima, è fondamentale avere prima una chiara visione della propria app: dal tipo di funzionalità, al design, fino alla user experience. E quando tutto è stato ben definito, sarà facile trovare la soluzione migliore per il proprio progetto.

Certamente tra le tre opzioni appena citate, l’appbuilder è quella meno costosa e che ti permette di gestire direttamente il tuo progetto di persona. Con una soluzione di questo tipo creare un’applicazione mobile può veramente essere un qualcosa alla portata di tutti.

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Io direi che è giunto il momento di iniziare!

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Lo shopping è sempre più online: (email)commerce per aumentare le vendite https://marketingblog.giorgiotave.it/lo-shopping-sempre-piu-online-emailcommerce-aumentare-le-vendite/2760 https://marketingblog.giorgiotave.it/lo-shopping-sempre-piu-online-emailcommerce-aumentare-le-vendite/2760#respond Wed, 03 Aug 2016 08:48:52 +0000 https://marketingblog.giorgiotave.it/?p=2760 Ecco alcuni concetti chiave per ottenere il massimo dall’email marketing applicato all’e-commerce.

Fonte: Lo shopping è sempre più online: (email)commerce per aumentare le vendite

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aumentare le vendite con l'email commerce
Un’invasione silenziosa, che non prevede code in negozio, sacchetti della spesa, altri gesti e rituali dello shopping tradizionale. È il popolo dell’e-commerce, in vertiginosa crescita di anno in anno. Solo considerando il mercato italiano, il fatturato e-commerce ha raggiunto nel 2015 quasi i 28,8 miliardi di euro*; e su scala mondiale la vendita online ha rappresentato il 7,4% del mercato di vendita al dettaglio: 1.671 miliardi di dollari. Una tendenza che entro il 2019 raddoppierà il proprio valore, riservandosi un enorme margine di crescita.
In questo grande mercato, la comunicazione passa per l’email e lo smartphone: il canale e il supporto, in un rapporto che è destinato a consolidarsi come snodo decisivo nel dialogo tra brand e clienti. Tracciato il quadro, ecco alcune parole chiave per ottenere il massimo dall’email marketing applicato all’e-commerce.

#1 Personalizzazione

Una campagna di email marketing incisiva ed efficace passa per la profilazione del database, vale a dire l’attività di raccolta ed elaborazione delle informazioni su ciascun contatto: dati anagrafici, attitudini, interessi e precedenti acquisti.
La segmentazione rappresenta lo step immediatamente successivo: una piattaforma professionale come MailUp consente di impostare filtri, tag e contenuti dinamici, imprescindibili per recapitare offerte personalizzate in linea con il profilo di ciascun destinatario.

#2 Deliverability

Tutte le operazioni di profilazione e segmentazione possono essere vanificate se non supportate da un’infrastruttura di invio adeguata. Raggiungere l’inbox del destinatario: questo è il requisito fondamentale di una campagna email.
Qualsiasi sia il suo volume di invio, un e-commerce non può prescindere da una piattaforma in grado di offrire la miglior deliverability possibile. Meglio ancora se integrata a un server SMTP, per inviare email transazionali velocemente e con alto tasso di recapito.

#3 Automation

Messaggi di benvenuto, email basate sulle preferenze e sulle abitudini di acquisto, campagne di post-vendita e up-selling: la comunicazione tra brand e clienti viaggia lungo questo asse. Grazie alle novità nel campo del marketing automation , bastano poche operazioni per configurare un workflow di invii automatici profilati su dati, interessi e attività del destinatario. Un cliclo di comunicazione automatizzato che copre l’intera customer journey, dal primo contatto alla fidelizzazione. Quella dedicata al recupero dei carrelli abbandonati è un’altra fondamentale attività di remarketing che – se condotta al meglio, magari con l’aiuto di coupon e altre offerte –, consente di raggiungere fino a un 20% di tasso di conversione.

come fare remarketing

Questa è solo una panoramica delle best practice di email marketing applicate all’e-commerce. Vuoi approfondire il tema? Scarica la guida gratuita alla pagina dedicata

* Fonte: “E-commerce in Italia 2016”, Casaleggio Associati

Fonte: Lo shopping è sempre più online: (email)commerce per aumentare le vendite

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Come il popolo di Rummo ha creato una grande operazione di marketing https://marketingblog.giorgiotave.it/come-il-popolo-di-rummo-ha-creato-una-grande-operazione-di-marketing/2757 https://marketingblog.giorgiotave.it/come-il-popolo-di-rummo-ha-creato-una-grande-operazione-di-marketing/2757#respond Wed, 21 Oct 2015 10:31:57 +0000 https://marketingblog.giorgiotave.it/?p=2757 Il pastificio Rummo, l’alluvione a Benevento e la campagna social #SaveRummo: un’iniziativa partita da chi la pasta la mangia a favore di chi la pasta la fa.

Fonte: Come il popolo di Rummo ha creato una grande operazione di marketing

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La pasta Rummo e l'alluvioneIn questi giorni alla Rummo hanno altro a cui pensare: non c’è spazio per il marketing, per concetto di slow food e di Made in Italy. Non c’è tempo. Non c’è più niente.

C’è solo il fango che ha invaso un’intera città, devastando case e lasciando senza tetto più di mille persone. Senza tetto e senza un lavoro dal momento che anche le aziende sono state colpite dall’onda devastatrice: tra queste anche Rummo.

Pasta lenta e web veloce

É in particolare Rummo, storico pastificio di Benevento, ad avere attirato l’attenzione e la solidarietà del popolo della rete: cioè del popolo tutto, quello che la pasta la cucina tutti i giorni, forse non proprio con l’attenzione che merita una pasta di qualità come la Pasta Rummo e forse non con la stessa soave cura che merita un prodotto per intenditori realizzato con “lenta lavorazione” e capace di “eccezionale tenuta alla cottura”.

Ecco, tenuta all’acqua bollente, non alle alluvioni: ed è su questo che ha giocato la vincente campagna social l’acqua non ci ha mai rammolliti.

Il fango ha spazzato via materie prime e macchinari ma l’acqua non ci ha mai rammolliti

Semplice, efficace, geniale. Così perfetta da essere diventata velocemente virale ottenendo il supporto anche di VIP e influencer della rete che hanno condiviso un pensiero e un invito all’acquisto accompagnato dall’hashtag #SaveRummo; ma il viral effect si sa, non porta solo cose buone.

Qualche schizzo di fango è arrivato anche dopo, tant’è che sono circolate insinuazioni relative a presunte “pressioni dei vertici aziendali” per realizzare una campagna ad hoc.

Inverosimile per un’azienda che su sulla sua pagina Facebook, ad esempio, ha pubblicato l’ultimo post il 31 agosto 2015. Strano che all’improvviso, senza corrente elettrica e con le energie impegnate per salvare il salvabile con le mani e le pale, la prima cosa che salti in mente a un ufficio marketing non proprio appassionato di social media, sia quella di studiare a tavolino un’iniziativa per farsi un po’ di pubblicità ingaggiando tale Luciano Lobosco, uno neo laureato che con la sola pubblicazione dell’evento Facebook Un pacco di pasta fa la differenza è riuscito a coinvolgere oltre 130.000 persone.

Ma soprattutto… E se anche fosse?

#SaveRummo e la sua gente

Quando nel 2012 il Terremoto dell’Emilia provocò danni anche ai caseifici coinvolti nella produzione di Parmigiano Reggiano si cercò di non perdere l’intera produzione di migliaia di forme con l’iniziativa 1 €/Kg per rinascere – Un aiuto ai caseifici terremotati del Parmigiano Reggiano promossa dal Consorzio. E giustamente nessuno ha osato parlare di lucro su una vicenda simile.

Al consumatore cosa dovrebbe importare se l’hashtag #SaveRummo è stato pensato da un copywriter in stage, da un’operaia che rischia il posto di lavoro o da un cugino del cognato di Rummo? Un’azienda è fatta da persone e quelle persone ora stanno passando un momento terribile quindi ogni aiuto dal popolo della pasta non sarà uno spreco.

Fare presto per tornare a far piano

L’amministratore delegato Cosimo Rummo ha smentito ai giornalisti tali voci e ha voluto ringraziare pubblicamente tutti i sostenitori con un comunicato ufficiale diffuso questa volta anche su Facebook.

Siamo Onorati e Commossi da tanta solidarietà, stiamo lavorando alacremente per riportare la produzione alla normalità.

Bisogna fare in fretta, per tornare a fare piano.

In questi giorni alla Rummo e non solo hanno altro a cui pensare.

 

Articolo scritto daSonia Calamiello

Fonte: Come il popolo di Rummo ha creato una grande operazione di marketing

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Cosa succede quando un senzatetto “REGALA” invece di chiedere? https://marketingblog.giorgiotave.it/cosa-succede-quando-un-senzatetto-regala-invece-di-chiedere/2755 https://marketingblog.giorgiotave.it/cosa-succede-quando-un-senzatetto-regala-invece-di-chiedere/2755#comments Tue, 23 Jun 2015 10:29:28 +0000 https://marketingblog.giorgiotave.it/?p=2755 Esperimento sociale realizzato da Humanity’s Team UK.

Fonte: Cosa succede quando un senzatetto “REGALA” invece di chiedere?

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Esperimento sociale realizzato da Humanity’s Team UK.

Fonte: Cosa succede quando un senzatetto “REGALA” invece di chiedere?

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Fonte: 15 aspetti da valutare prima di acquistare un Tema WordPress

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Quanti acquirenti eseguono approfondite ricerche prima di acquistare un tema WordPress? Meno di quanto si pensi e in questo caso il rimorso dopo aver pagato è assicurato. L’acquisto di un tema dovrebbe essere una decisione informativa e non basata esclusivamente sulle emozioni estetiche. Prima di pagare, bisogna assicurarsi che il nuovo tema valga l’acquisto.

Agli inizi non sapevo nulla di PHP o CSS. Oggi non ne so “quasi nulla” 🙂 ma pur non essendo un designer ho imparato ad andare oltre la semplice grafica valutando una gran quantità di opzioni. Tutto ciò che sembra bello da vedere rende i siti lenti e “odiati” – non solo dai motori di ricerca – ma anche dagli utenti (usabilità). In passato ho acquistato temi senza prestare attenzione a troppe cose come ad esempio la presenza di un supporto di sviluppatori.

I criteri da considerare prima di acquistare un tema WordPress

1. Estetica: Quali sono le vostre esigenze?

Prima di tutto è necessario assicurarsi che il tema corrisponda all’aspetto grafico desiderato e di cui si ha veramente bisogno. Si potrebbe acquistare un tema e poi adattarlo ma la cosa non è così semplice. Informatevi sulla possibilità di modificare colori, dimensioni e altri elementi. Prendetevi il tempo per trovare un tema che soddisfi almeno l’80% della vostra visuale, il layout e le esigenze di contenuto.

2. Avete bisogno di un tema per siti web o blog?

Alcuni temi WordPress sono progettati per ospitare i blog e altri i siti web. Mentre si può prendere un tema progettato per un sito web e convertirlo in un blog, è difficile fare il contrario. Se avete bisogno di un tema per un blog, cercate quelli che specificamente si adattano a questo scopo. I miei preferiti sono quelli “drag and drop“.

3. Meglio un tema WordPress datato o un nuovo prodotto appena uscito sul mercato?

Ci sono vantaggi e svantaggi connessi all’acquisto di un nuovo tema ed uno più “anziano”. Quelli nuovi forniscono freschezza ma possono anche presentare alcuni bug. Gli sviluppatori non possono considerare ogni cosa che un utente farà (o desidera fare). Onestamente parlando, è impossibile pensare a tutto. Senza dubbio ci saranno bug e opzioni dimenticate che verranno migliorate in seguito con le segnalazioni dei primi acquirenti.

I temi più anziani mostrano sicuramente un minor numero di bug, un sacco di opzioni e codifiche collaudate per ospitare i plugin più popolari. L’aspetto negativo è l’assenza di aggiornamenti.

Considerare la sicurezza o la novità assoluta è certamente parte del vostro fattore decisionale.

4. Il vostro tema ha bisogno di lavorare con la versione più aggiornata di WordPress?

Diciamo subito una cosa. Si dovrebbe avere sempre la versione più recente di WordPress installata. Offrire funzionalità di sicurezza e tenere il passo con gli aggiornamenti è estremamente importante. Detto questo, alcuni temi più anziani potrebbero non supportare le ultime versioni di WordPress creando non pochi problemi. Questo aspetto va assolutamente verificato prima di completare l’acquisto.

5. Il tema supporta le funzioni basi di WordPress?

Assicuratevi che il tema supporti le funzionalità di base come: menu, widget, barre laterali, immagini, home page, singoli post, commenti, pagina 404, ecc.

6. Avete bisogno di diversi layout e colonne?

Anche in questo caso non date nulla per scontato. Esaminate la descrizione del tema e – se possibile – fatevi rilasciare una demo per assicurarvi che i layout sostengano i contenuto che desiderate creare.

7. Il tema supporta il contenuto del blog?

Prima di cercare il tema perfetto, decidete se avete bisogno di uno o due menu. I blogger molte volte ne usano soltanto uno. Necessitate di un footer personalizzato (es. inserimento di widget nel piè di pagina)? La barra di navigazione è abbastanza lunga per ospitare tutte le opzioni del menu principale?

8. Offre la possibilità di creare “chiamate alle azioni”?

Sono un grande sostenitore delle “chiamate alle azioni”. Su ogni sito web o blog il visitatore deve fare qualcosa. Serve un disegno coerente con le opzioni che condurranno a queste chiamate. Prima di scegliere il tema, valutate cosa volete che i visitatori facciano dopo aver letto i contenuti del vostro blog.

9. Il tema è SEO Friendly?

Mentre WordPress è SEO friendly per impostazione predefinita, non tutti i temi aderiscono alle migliori pratiche. Un codice pulito e un’architettura curata del design aiutano a conseguire il miglior posizionamento sui motori di ricerca. Valutate anche se il tema non vada in conflitto con i più importanti ed efficaci plugin SEO. Oltre a questo, che in futuro vi permetta di “migrare” i dati da un tema all’altro o dal vostro tema a un nuovo plugin.

10. Assistenza durante pre-vendita e post-vendita

Conosco persone che comprano un tema e se non gli piace – o lo ritengono difficile da usare – passano ad un’altro senza mai contattare gli sviluppatori. Credo che siano un’eccezione. La gran parte pongono domande prima di acquistare e pretendono di ricevere assistenza come cliente.

In alcuni casi, non avendo tempo o capacità, gli acquirenti potrebbero ottenere dal sviluppatore qualche modifica personalizzata o un servizio di configurazione pagando una quota extra.

11. Ci sono feedback positivi o negativi?

Se i feedback degli acquirenti (o commenti su altri siti) sono disponibili, leggeteli accuratamente. Guardate le problematiche più frequenti, i conflitti tra plugin, reclami ed altro. I migliori servizi di solito mettono a disposizione un forum moderato dagli sviluppatori e dalla community.

Ricordatevi che non ci sarà mai soddisfazione al 100%. Come detto prima, gli utenti con una conoscenza spesso pari a zero, inevitabilmente si troveranno in difficoltà dando l’intera colpa al fornitore.

12. Di quale livello di supporto del browser necessitate?

Molti sviluppatori di temi non supporteranno i vecchi browser a causa dei livelli di programmazione necessaria in quanto incapaci di sostenere gli attuali elementi di design.

Se avete bisogno di un supporto per i browser più vecchi, assicuratevi che il tema venga progettato per adattarsi. Sappiate che questa esigenza verso i browser più vecchi limiterà di molto le vostre scelte.

13. Avete bisogno di una larghezza fissa o un tema “adattabile”?

Il responsive design è un’altra parola “amichevole”. Mentre un sacco di temi WordPress sono stati progettati per essere reattivi, molti non sono sensibili. E’ necessario essere chiari sulle vostre esigenze di mobilità. I temi responsive si ridimensionano automaticamente ai dispositivi in uso.

Prima di innamorarvi di qualsiasi tema, assicuratevi che siano responsive design. Non la considerate un’opzione ma un obbligo. Oltre a questo valutate su quante dimensioni di schermo è adattabile.

14. Il vostro nuovo tema è adatto alla monetizzazione con annunci?

Accogliere gli annunci fa la differenza nel design e il layout generale di un tema. Pensiamo ai quotidiani online. I temi di qualità vengono progettati per ospitare vari blocchi di annunci. Molti blogger li usano come flusso di entrate economiche. Quindi la sostenibilità del tema è davvero necessaria.

Prima di selezionarlo considerate il numero di annunci che vi servono e le dimensione che desiderate visualizzare. Ad esempio la sidebar è abbastanza ampia? Posso adattarla?

15. Qual è il grado di difficoltà nell’uso del tema?

La facilità d’uso è fortemente dipendente dalle competenze dell’utilizzatore. Un’utente che da poco usa WordpPress avrà sicuramente molte più difficoltà rispetto a un veterano. E’ anche vero che – come me – non tutti i blogger che usano WorpPress si occupano anche di design.

Mentre alcuni amano la flessibilità dei contenuti, altri possono trovare il tema eccessivamente travolgente. E’ importante acquistarne uno che vi metta in condizione di realizzare i vostri obiettivi senza lasciarvi storditi e confusi.

Fonte: 15 aspetti da valutare prima di acquistare un Tema WordPress

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Linkwelove e la Content Recommendation per guadagnare col tuo sito web https://marketingblog.giorgiotave.it/linkwelove-content-recommendation/2747 https://marketingblog.giorgiotave.it/linkwelove-content-recommendation/2747#respond Tue, 10 Feb 2015 10:37:01 +0000 https://marketingblog.giorgiotave.it/?p=2747 POST SPONSORIZZATO Indice dell’articolo ▼ Fai amare il tuo sito Native Advertising Content Marketing Content Recommendation I vantaggi della Content Recommendation I vantaggi per gli inserzionisti I vantaggi per gli editori Ottenere buoni risultati dalle campagne pubblicitarie diventa via via … Continua

Fonte: Linkwelove e la Content Recommendation per guadagnare col tuo sito web

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LinkWeLove

Fai amare il tuo sito
con la Content Recomandation.

Ottenere buoni risultati dalle campagne pubblicitarie diventa via via più difficile con il trascorrere del tempo. Negli ultimi anni si è assistito alla progressiva diminuzione dell’efficacia delle tecniche di pubblicità e marketing tradizionali. Recenti indagini infatti hanno evidenziato come le tecniche tradizionali di pubblicità portino nel consumatore più diffidenza e indifferenza che effettivo interesse nel prodotto.

In modo particolare i banner non sono più, spesso, un mezzo efficace per diffondere un messaggio promozionale; si è infatti osservato un fenomeno, il banner blindness, che fa si che i banner risultino ormai pressoché invisibili agli occhi di chi naviga in internet.

Lo sviluppo di questa indifferenza verso i banner pubblicitari in internet ha portato ad un duplice effetto. Da una parte gli editori hanno registrato un inevitabile calo degli introiti derivato dalla riduzione del numero di click sui banner; dall’altro gli inserzionisti hanno dovuto trovare nuove tecniche per mantenere un elevato grado di efficienza delle campagne pubblicitarie. Questo significa chiaramente che per ottenere i risultati sperati con una campagna pubblicitaria, è necessario individuare nuove vie da percorrere per mantenere un grado elevato di numero di click garantendo non solo l’efficacia della campagna, ma anche i guadagni ad essa connessi.

Native Advertising

Una prima risposta a questo fenomeno si è avuta con lo sviluppo del cosiddetto native advertising. Si tratta di una nuova forma di marketing, in cui si evita di mostrare apertamente lo scopo della pubblicità. In questo modo i consumatori non reagiscono immediatamente con diffidenza e indifferenza davanti al messaggio promozionale, che risulta all’interno di un testo e che non ha l’aspetto di uno spot. Con il native advertising il messaggio pubblicitario si integra perfettamente all’interno dei contenuti del sito, in modo da colpire la curiosità del lettore senza fargli capire che lo scopo del testo è la vendita diretta di un prodotto.

Content Marketing

Per superare la diffidenza dell’utente, negli ultimi tempi si sente parlare sempre di più di un’ ulteriore nuova tecnica pubblicitaria: il content marketing applicato al web marketing. Con questa tecnica le ditte o le aziende producono dei testi che poi diffondono sul web; questi sono indirizzati direttamente ad uno specifico target, cioè ad una specifica classe di clienti potenziali. Lo scopo di questi messaggi è quello di attrarre i possibili acquirenti, per poi veicolarli fino alla conversione da potenziali clienti ad acquirenti veri e propri.

Content Recommendation

L’unione tra il native advertising e il content marketing, rappresenta attualmente la via più efficace di diffusione di messaggi pubblicitari. Si tratta infatti dell’alternativa all’utilizzo dei banner che porta alla resa maggiore tanto per gli editori quanto per gli inserzionisti. Questa unione tra metodologie pubblicitarie di cui si sente parlare sempre più frequentemente, è la content recommendation che in Italia vede tra i protagonisti la piattaforma di LinkWeLove.it

La content recommendation è uno strumento innovativo che permette di inserire nei siti web contenuti sponsorizzati, senza risultare invadenti. La content recommendation solitamente è gestita da piattaforme online appositamente studiate. Queste piattaforme realizzate ad hoc utilizzano un algoritmo che consente di analizzare i diversi siti partner, per poi inserirvi automaticamente il contenuto sponsorizzato. Generalmente questo contenuto assume la forma di box correlati, che vengono posizionati alla fine di un articolo o di una pagina. Il loro contenuto è inerente al contenuto della pagina in cui viene inserito, risultando per questo motivo interessante per l’utente.

L’idea di base è che un utente che sta consultando una specifica pagina di un sito, sarà interessato a consultarne di simili.

Inserendo un link che rimanda ad un articolo relativo a quello che si sta già leggendo, si invoglia l’utente a cliccare. I box inoltre hanno un aspetto accattivante e che attira facilmente l’attenzione del lettore. L’utilizzo di immagini unite a testi brevi spinge l’utente a cliccare, in quanto delle piccole aree provviste di immagini sono sempre più attrattive e comunicano rapidamente il contenuto che si vuole esprimere. L’utilizzo dei link così evidenziati, va infatti anche a neutralizzare il pericolo che un testo troppo lungo e povero di immagini che mantengano viva l’attenzione del lettore, possa annoiare l’utente vanificando lo scopo del messaggio pubblicitario.

Il testo consigliato a fine pagina rimanda ad un’altra dal contenuto associato a quella sorgente e da lì si può continuare la navigazione, venendo via via indirizzati verso le diverse pagine pubblicitarie vere e proprie. Questa tecnica, come è stato dimostrato, ha un’efficacia nettamente maggiore rispetto ai bannner pubblicitari; portando l’utente a raggiungere volontariamente il messaggio pubblicitario, si annulla il rischio di generare indifferenza o diffidenza e l’utente in questo modo è più facile da convertire in acquirente effettivo.

Vantaggi della content recommendation

I vantaggi della content recommendation sono molteplici. L’inserzionista ha la possibilità di inserire contenuti pubblicitari all’interno dei testi editoriali, in un modo che si è dimostrato estremamente efficace. Il vantaggio dell’inserzionista si manifesta dunque in una maggiore visibilità e un maggiore numero di click sul proprio box. I contenuti del box sono perfettamente in linea con lo stile e i contenuti editoriali del sito in cui vengono inseriti, quindi l’usabilità del sito e il tasso di gradimento da parte dell’utente, sono nettamente superiori. Infine, l’editore ha la possibilità di ospitare i box della content recommendation, continuando tuttavia a conservare lo spazio per i banner. In questo modo può utilizzare si i box, ma senza rinunciare agli introiti derivanti dai banner e generare quindi entrate extra.

Per monetizzare il proprio sito web pertanto individuare la migliore modalità di inserimento di contenuti sponsorizzati è essenziale per avere successo. Nel mercato italiano recentemente si sta sviluppando sempre di più un nuovo network online che si occupa proprio della content recommendation: LinkWeLove.it.

LinkWeLove

LinkWeLove è una realtà sempre più presente sul mercato italiano e ha già stretto contatti con centinaia di editori che già utilizzano la content reccomendation nei loro siti.

LinkWeLove utilizza un algoritmo proprio, sviluppato appositamente per analizzare i siti partner e inserirvi i box sponsorizzati. Questo algoritmo si è rivelato estremamente efficace in quanto capace di individuare facilmente le caratteristiche e i contenuti delle singole pagine cui associare un box sponsorizzato. I box che vengono associati ad ogni pagina sono sempre strettamente legati al contenuto editoriale del sito e l’interesse del cliente è sempre elevato. La reazione degli utenti davanti ai box inseriti dall’algoritmo è sempre positiva; i box infatti offrono all’utente nuovi percorsi di navigazione sia all’interno sia all’esterno del sito.
Questa soddisfazione dell’utente porta quindi un duplice vantaggio all’editore del sito. In primis il guadagno derivato dal numero di click che risulta nettamente maggiorato rispetto ad altre tecniche pubblicitarie. In secondo luogo, si ha un vantaggio indiretto in quanto l’utente tende a permanere nel sito per un tempo maggiore grazie alla navigazione veicolata dai box sponsorizzati.

Vantaggi per gli inserzionisti:

Gli inserzionisti hanno moltissimi vantaggi dall’utilizzo della content recommendation. I costi sono estremamente contenuti e il rientro economico è ampiamente assicurato grazie all’elevata percentuale di conversioni degli utenti. Riassumendo quelli che sono i vantaggi per chiunque voglia promuovere qualcosa su un sito web, ci sono essenzialmente cinque punti chiave da tenere in considerazione.

  • Il posizionamento degli annunci: all’interno della pagina i contenuti sponsorizzati sono posizionati rispettando strettamente quelli che sono i contenuti editoriali che hanno spinto l’utente a scegliere la pagina su cui sta navigando, quindi il tasso di interesse verso il box è sempre elevato.
  • Feedback positivo dell’utente: il messaggio pubblicitario è efficace e conserva la capacità di trasmissione del messaggio all’utente. Benché si tratti di pubblicità, questi box non vengono percepiti come elementi invadenti della pagina, anzi, vengono percepiti positivamente dagli utenti che addirittura li considerano come elementi fortemente positivi nel sito, che conferiscono un valore aggiunto alla pagina invece di diminuirne l’appeal.
  • Percentuale di click: nettamente maggiore rispetto a quella dei banner pubblicitari classici, il che garantisce maggiori introiti dall’inserimento dei box.
  • Tasso di conversione: è molto elevato, in quanto il metodo poco invasivo spinge gli utenti a sentirsi maggiormente coinvolti.
  • Costi: sono estremamente contenuti e il servizio offre un rapporto qualità prezzo ineguagliabile.

Vantaggi per gli editori:

Gli editori web ricevono vantaggi persino maggiori di quelli degli inserzionisti. Tra i vantaggi principali, tutti legati alla maggiore efficienza della content recommendation rispetto alle tecniche classiche di pubblicità sul web, troviamo maggiori incassi e valore aggiunto del sito in forma del tutto gratuita. Riassumendo, l’adesione al network comporta molti vantaggi:

  • Nuove opportunità di guadagno: i publisher che utilizzano sulle proprie pagine i box sponsorizzati non devono rinunciare all’utilizzo di tecniche pubblicitarie tradizionali. Banner e altre inserzioni possono comunque comparire nelle pagine, in quanto i box vengono posizionati generalmente alla fine degli articoli, a differenza dei bannner e le inserzioni che si trovano in aree differenti della pagina. Questo significa chiaramente che i guadagni provenienti dai vecchi sistemi di pubblicità non vengono eliminati, ma si vanno ad aggiungere agli incassi derivati dall’utilizzo della content recommendation. Inoltre come già spiegato, la content recommendation si basa sul rinvio anche a pagine interne al sito stesso, il che significa che un utente passa mediamente un tempo maggiore a navigare all’interno del sito, rendendo il potenziale guadagno nettamente più elevato.
  • SEO: poiché gli utenti grazie ai box permangono sul sito un tempo maggiore rispetto a quanto non farebbero in assenza dei box sponsorizzati, ad aumentare non è solo il guadagno totale a breve termine, ma anche il trust del sito stesso.
  • Personalizzazione dei contenuti: tramite LinkWeLove è possibile per l’editore decidere e gestire la quantità di ADV presenti nel sito. Inoltre c’è la possibilità di decidere il posizionamento dei box all’interno della pagina, in modo da ottenere tutti i vantaggi senza stravolgere l’estetica della pagina e il suo appeal.
  • Libertà di iscrizione: chiunque possieda un blog o un sito web può entrare a far parte del network LinkWeLove e iniziare a guadagnare. Se il servizio non è gradito, altrettanto facilmente si può eliminare il widget.
  • Guadagni elevati: è garantita una remunerazione minima di 8 centesimi di euro per ogni click sui box. Il pagamento viene effettuato in funzione del numero di click, quindi maggiori click sono sinonimo di maggiori guadagni. Il saldo viene calcolato ogni 30 giorni e il payout viene effettuato al raggiungimento della soglia minima di 100 euro. Se la cifra non viene ottenuta in 30 giorni si va a cumulare a quella del mese successivo fino a quando la soglia non viene raggiunta.

 
Per maggiori informazioni consultare www.linkwelove.it

Fonte: Linkwelove e la Content Recommendation per guadagnare col tuo sito web

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Apple: “The Song”, lo spot per il Natale https://marketingblog.giorgiotave.it/apple-the-song/2741 https://marketingblog.giorgiotave.it/apple-the-song/2741#respond Mon, 15 Dec 2014 10:16:03 +0000 https://marketingblog.giorgiotave.it/?p=2741 È Natale, i grandi brand si scatenano nella diffusione di spot emozionali, più o meno smielati. Più o meno originali. Apple resta maestra nella creazione di momenti, sì, pubblicitari, ma al tempo stesso di grande impatto. “The Song” è l’ennesimo … Continua

Fonte: Apple: “The Song”, lo spot per il Natale

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È Natale, i grandi brand si scatenano nella diffusione di spot emozionali, più o meno smielati. Più o meno originali. Apple resta maestra nella creazione di momenti, sì, pubblicitari, ma al tempo stesso di grande impatto. “The Song” è l’ennesimo esempio di questa capacità dell’azienda di Cupertino. È lo spot natalizio che, in poco più di un minuto, narra la storia di una giovane, della nonna e di una canzone.

Dal passato al presente, passando per gli accessori Apple. Un MacBook, un iPad. E la capacità della tecnologia di tramandare suoni e immagini, anche appartenenti a un passato lontano.

Fonte: Apple: “The Song”, lo spot per il Natale

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10 Invidiabili Uffici di Startup in Giro per il Mondo https://marketingblog.giorgiotave.it/10-uffici-startup/2726 https://marketingblog.giorgiotave.it/10-uffici-startup/2726#respond Wed, 03 Dec 2014 10:37:49 +0000 https://marketingblog.giorgiotave.it/?p=2726 Il successo di un’azienda, di un progetto, passa per tanti step e per tanti fattori. Ci sono le capacità e le competenze, ovviamente. C’è il fatto di avere, appunto, un buon progetto e i mezzi per realizzarlo. Ma, per portarlo … Continua

Fonte: 10 Invidiabili Uffici di Startup in Giro per il Mondo

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Il successo di un’azienda, di un progetto, passa per tanti step e per tanti fattori. Ci sono le capacità e le competenze, ovviamente. C’è il fatto di avere, appunto, un buon progetto e i mezzi per realizzarlo. Ma, per portarlo avanti, è importante il ruolo giocato dal luogo che ospita le idee, le proposte e il lavoro quotidiano. Queste 10 startup – scelte dalla raccolta originale di Hongkiat – hanno un punto a loro favore: il loro ufficio.

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E il vostro com’è?

Fonte: 10 Invidiabili Uffici di Startup in Giro per il Mondo

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